mercoledì 2 dicembre 2009

Faticare non poco

Qui, alla voce "Manuali", trovi una piccola guida per costruire il letto del fiume in un presepe di cartapesta.





Tah daaaah! Natale! Non vedevo l'ora, finalmente ho potuto dare sfogo ad una mia vecchia passione, costruire il presepe!
Niente di religioso, lo ammetto. Questa del presepe rappresenta per me un surrogato, sarei più portato per i plastici ferroviari, ma non riesco a trovare dello spazio libero nella mia mega villa da 800 metri quadri e 30 stanze con latifondo compreso, tutto posto al secondo piano del condominio dove abito, così mi accontento di sistemare il frutto del mio lavoro in un angoletto del salone sopra il tavolino da poker, costruendolo pure in anticipo rispetto alla canonica data dell'otto dicembre, per godermelo più a lungo, queste sono soddisfazioni!
Come ogni anno ho speso una cifra considerevole tra pupazzetti, casette, stalle, fontanella con motore per l'acqua incorporato, lucine intermittenti, carta montagna, carta cielo, sughero e accessori. Ma la mia più grande soddisfazione è stata l'acquisto di una piccola pompetta elettrica per trasportare l'acqua da giù a su, ho costruito un presepe a due piani, così da ricreare un fiume che scorre con annessa cascatella e laghetto con paperelle.
La cosa più difficile è stata proprio costruire il letto del fiume, doveva avere un tracciato ben preciso ed essere impermeabile, ho spillato insieme quattro lattine di integratori (che ho dovuto bere tutte in una volta, la notte non ho dormito per l'insonnia) opportunamente sagomate e avvolte in fogli di plastica trasparente da congelatore, ho aggiunto piccole pietre lisce e carta e sughero e del fogliame per il laghetto: con le luci giuste e da lontano e in penombra e quando sei assonnato o brillo e con la giusta prospettiva e con un pò di fantasia fa un bell'effetto, sembra quasi vero.
Ho impiegato tre pomeriggi, ogni tanto la sera accendo le luci del presepe e mi soffermo dei minuti a guardarlo. Sposto qualche pezzo, aggiungo del muschio, sistema la carta, aggiusto qualcosa. Mi rilasso, sono soddisfatto del mio lavoro, sono contento, fiero del mio operato.
Poi succede che delle persone le quali frequentano casa per i motivi più svariati, amici o parenti, commentano e devono sorbirmi i loro discorsi. Mio suocero domenica scorsa neanche se ne accorgeva, eppure occupa tutto l'angolo di una stanza. Quando, dietro mia insistente sollecitazione, lo ha visto sembrava Chevy Chase nel film "American Lampoon Vacation" mentre guarda il Grand Canyon, mi dice: "Bello, bello. Ok". E poi va via a guardarsi la partita su Sky.
La mia metà mi fa: "Ma lo sai che sei bravo? Secondo me potevi fare lo scemografo!". Il cuccioletto lo usa come bersaglio per i dardi dei Bionicles.
Mia cognata si è lamentata che la capanna col bue e l'asinello è troppo in alto e poco visibile, suo marito appena lo ha visto si è spalmato su un divano e mi ha chiesto se potevo fargli gentilmente un caffè.
E poi, ancora altre considerazioni di una svariata umanità: "Ma chi te lo fa fare!", "Chissà quanto tempo ci ha messo.", "Chissà quanto hai speso.", "Ma non hai un cazzo da fare?". Io incasso tipo Rocky Balboa e rispondo sempre che è stato piacevole, mi sono rilassato nel costruirlo e poi mi sono divertito, questa è la cosa più importante.
Ho incassato sempre, tranne una volta, quella in cui un amico mi ha detto: "Si, però si vede che il fiume è finto". Qui non sono riuscito a trattenermi, ci ho messo un intero pomeriggio a costruire il letto del fiume, la cascatella, il laghetto con le paperelle, ho dovuto bere perfino un litro di integratore: "E no! Il fiume non me lo devi toccare! Tu che hai il riporto più brutto del mondo ed io per compassione non è che mi metta qui a ricordartelo, si vede chiaramente che i capelli non ce li hai da quando ancora trasmettevano Canzonissima. E poi sei pure basso e grassoccio, non riusciresti nemmeno ad arrivare a costruirlo quel fiume lì, dovresti salire su uno sgabello. So pure che il tuo avatar sul messenger è Rocco Siffredi, potrei pure sputtanarti, lo sai!". Questo è quello che ho pensato a microfoni spenti. Quello che ho detto, con un pò di forzata e faticosa reticenza mimando un sorriso, invece suonava pressappoco così: "Nel tuo profondo lo so che ammiri il mio lavoro, il mio sforzo di rendere verosimile questo paesaggio. E' chiaro che il fiume è finto, altrimenti costruivo il presepe sopra il fiume Oreto." E giù risate.
Quanto è faticoso, a volte, mantenere le amicizie!

3 commenti:

MT ha detto...

Ci potrei mettere la firma anche io sotto questo post. Uguale anche l'insonnia. Non è da tutti sognare cose da presepe. Uguale il bisogno, non religioso ma (ai miei tempi alle femmine il plastico ferroviario non era consono) da ricostruzione dei paesini di lego che costruivo da bambina. Uguale la capanna troppo in alto e poco visibile. E i tempi... venerdì pomeriggio intero sabato tutta la giornata con la sola interruzione per il pranzo e la cena, domenica mattina intera e manco la soddisfazione di finirlo perché poi ci siamo trasferiti per due giorni in campagna (dove peraltro mi sono data a raccogliere muschio, pietre e rametti). Stasera tornerò al lavoro.
Quest'anno la novità è pretenziosa: costruire un golfo di mare con tanto di spiaggia e faro sulla scogliera.
Domani ci scambiamo idee per il prossimo anno. Berrò l'integratore nel corso di dodici mesi, almeno, e tu potrai prendere la sabbia ben asciutta ad agosto (che io devo ancora fare il blitz in spiaggia a procurarmela).
Beh, almeno una che si è entusiasmata e che noterebbe tutti i particolari l'hai trovata.

Mafaldanellarete ha detto...

l'anno prossimo però vai incontro alle tue vere attitudini. Un bel plastico ferroviario al posto del presepe...che idea rivoluzionaria!

MT ha detto...

A proposito di presepe o plastico:
"Era una specie di lancinante, dolorosa meraviglia. Non so se ha presente, colonnello. È un po’ come quando si guardano i trenini elettrici, soprattutto se c’è il plastico, con la stazione e le gallerie, le mucche nei prati e i lampioncini accesi di fianco ai passaggi a livello. Succede anche lì. Oppure quando si vede nei cartoni animati la casa dei topolini, con le scatole di fiammiferi al posto dei letti, e il quadro del nonno topo alla parete, la libreria, e un cucchiaio che fa da sedia a dondolo. Ti senti una specie di consolazione, dentro, quasi una rivelazione, che ti spalanca l’anima, per così dire, ma contemporaneamente senti una specie di fitta, come la sensazione di una perdita irrimediabile, e definitiva. Una dolce catastrofe. Credo che c’entri il fatto di essere sempre fuori, in quei momenti lì, sei sempre lì che li guardi da fuori. Non ci puoi entrare, nel trenino, questo è il fatto, e la casa dei topi è qualcosa che rimane lì, nella televisione, e tu sei irrimediabilmente davanti, la guardi ed è tutto quello che puoi fare."
Da City di Baricco, naturalmente.