giovedì 24 giugno 2010

Capitolo cinque


Passarono parecchi minuti, Paul rimase disteso sulla poltrona come fosse morto, immobile, rigido. Palpebre chiuse e braccia penzoloni. Poi aprì gli occhi e, senza muovere nessun altro muscolo del corpo, li tenne entrambi sbarrati e fissi verso il cielo, come in trance. Era sudato freddo e sporco di vomito.
Un calore intenso iniziò a pervaderlo dall’interno, una vampa che partiva dallo stomaco e saliva pian piano attraverso le viscere per arrivare fino in testa. Rimase stupefatto, sorpreso attonito e meravigliato: si era reso conto che iniziava a ricordare tutto il dolore che aveva rimosso dalla sua mente, sepolto sotto una montagna di ricordi, ogni particolare, ogni suono, ogni rumore, colore, sapore, angoscia. Insieme al calore arrivavano tanti piccoli flash, reminescenze alla rinfusa senza nessun ordine cronologico, in rapida successione, come tanti spilli che si conficcavano nel cervello.
E…
…Ricordò di quella notte, una calma e fresca notte di primavera, era un bimbetto di pochi anni che già dormiva da solo nel suo letto con indosso un pigiama a righe orizzontali, verdi e viola.
…Ricordò che a dodici anni, uscito da scuola vide un uomo, con una cicatrice a forma di ferro di cavallo sulla fronte, che passeggiava e decise di seguirlo fin sotto casa.
…Ricordò che senza alcun motivo quella notte si svegliò, si sistemò il suo pigiama a righe, si alzò dal letto, si incamminò verso la camera dei genitori e aprì la porta.
…Ricordò di essere salito insieme all’uomo con la cicatrice sulla fronte fin dentro casa sua facendo finta di essersi perso, e di avere accettato una bibita.
…Ricordò che quella notte, una calma e fresca notte di primavera, voleva urlare ma nessuna voce uscì fuori dalla sua bocca, mentre l’uomo con la cicatrice sulla fronte gli strappò una manica del pigiama a righe nel tentativo di spostarlo per scappare.
…Ricordò di essere fuggito via dalla casa dell’uomo con la cicatrice, sporco di sangue e con un coltello in mano, per rifugiarsi tra le braccia del nonno.
…Ricordò quella notte, una calma e fresca notte di primavera, un uomo col volto coperto ma con una cicatrice a forma di ferro di cavallo ben visibile sulla fronte, che stava rovistando tra i cassetti della camera da letto dei genitori mentre i loro corpi erano riversi sul letto, entrambi uccisi a pugnalate.
…Ricordò di avere preso un coltellaccio dalla cucina e, con furia cieca, di avere colpito alle spalle l’uomo con la cicatrice che in quel momento stava al telefono, fino a vederlo stramazzare a terra esanime.
…Ricordò infine del nonno che gli diceva sempre: "Un piccolo passo alla volta. Questo è il rimedio, il segreto, la parola magica nella vita!". E lui sempre più disperato perché voleva sapere la verità su come erano morti i suoi genitori.

5 commenti:

MT ha detto...

Bello e molto cinematografico l'alternanzi dei flash back incrociati.
Ora però ti voglio a ricucire questo capitolo con i primi. Un po' hai cominciato nelle ultime righe, ma ci sono diversi fili da dipanare.
Quando Paolino utilizzava l'espediente salvifico di lasciare affiorare i ricordi dolorosi aveva 15 anni, quindi il fatto rimosso era già avvenuto, e aveva una scelta da fare che non voleva fare un passao alla volta ma o tutto o niente. Potrebbe essere quella di cercare di scoprire la verità sulla morte dei suoi genitori, rimossa anche quella. D'accordo. Ma c'è da affrontare e ricucire nel patchwork quel flusso di ricordi dolorosi che risalgono e quello dei ricordi seppelliti sotto gli altri. Proprio una questione di flussi contrastanti.
Potrebbe essere che, al tempo dei suoi 15 anni, Paolino, pur non ricordando sentisse il bisogno di farlo per arrivare ai ricordi rimossi.
A un certo punto però Paolino dimentica pure di volere ricordare, come se il sistema salvifico del ricordo doloroso non funzionasse più, o, magari, come se a un certo punto, dopo i suoi quindici anni si fosse avvicinato troppo al ricordo rimosso e avesse fatto un balzo per allontanarsene.
Aspetto pazientemente.
Mi piacciono i patchwork.

amanda ha detto...

@MT: bella analisi

MT ha detto...

@Amanda: Ma ci pensi che stiamo contribuendo a questo lavoro in progress con i nostri commenti?
I commenti, data la scelta del blog, finiscono con il far parte del lavoro e magari anche con l'influenzarlo.
@Giocondor: manca solo che quando pubblichi un capitolo tu ci metta anche, chessò, la musica che ascolti in sottofondo quando scrivi, o se bevi birra o aranciata o caffè.
Che fumi lo sappiamo.
Così avremmo in progress la storia del racconto e quella del suo scriversi.

amanda ha detto...

porello pure cosa sta facendo mentre scrive.... mi sembrerebbe una vera violazione della privacy :-)

MT ha detto...

Ma naturalmente potrebbe inventare liberamente...
mica dovrebbe dire di stare in ciabatte e calzini...
Niente invasione di privacy, solo immaginazione libera.

Però tu lavora Giocondor, ché al lavoro sono giorni difficili.
Come per il racconto a cui lavori, si attende che accadano scelte di sentieri per un nuovo capitolo.