Dicono che è meglio morire per vivere che vivere per morire: appunti per ricordarlo.
mercoledì 2 novembre 2011
Il deserto dei tartari
E' sufficiente ritornare all'ora solare (anche la legalità dell'ora viene meno!) per rendermi ancora più conto che siamo tutti schiavi di questo maledetto orologio. Come si fa, da un giorno all'altro, a svegliarsi e consumare colazione e pranzo e cena e tornare a dormire con un'ora di ritardo come se nulla fosse? Come se il sonno e la veglia non dipendessero dall'umore o dalla stanchezza, come se la fame non fosse direttamente proporzionale alla produzione di succhi gastrici?
Riscontro invece che attorno a me tutti riescono benissimo ed immediatamente ad adattarsi, amici, parenti e familiari, subito freschi e vispi e pimpanti e tonici: odiosi!
Per quanto mi riguarda, alzarmi un'ora dopo vuol dire sessanta minuti persi a letto con gli occhi fissi sul soffitto, mentre cibarsi con ritardo fa di me un consumatore accanito di caramelle e bon bon per sopire i morsi della fame. Considerando pure che la sera comincio a ciondolare un'ora prima, assomigliando ad una futura comparsa del prossimo film di Romero, il quadro è completo.
Alcuni giorni prima del ponte festivo di Halloween (si sentiva la mancanza di un'altra festa di importazione del cavolo!), all'interno di un esclusivo e ristretto gruppo di raffinati e colti saggi di cui io mi pregio di far parte, si discuteva animatamente di un argomento confacente la nostra statura intellettuale e morale, cioè se fosse giusto esonerare Mangia perchè non riesce a far punti fuori dal Barbera.
Dopo ampio dibattito, condito da fini disamine, confronti serrati, disquisizioni dotte e dissertazioni intelligenti, non ci siamo accorti che era calata la sera e purtroppo siamo dovuti arrivare alla frettolosa conclusione che l'argomento era troppo vasto per essere affrontato in una sola sessione di lavori, giustamente il barbiere ed il giornalaio sedicente di Bergamo dovevano chiudere il negozio mentre il fioraio aveva la necessità di rientrare velocemente le piante in magazzino, voleva andare di corsa a casa a mangiarsi il polpo con la moglie. Ci siamo ripromessi di affrontare a breve lo stesso argomento, magari nella prossima riunione, giusto il tempo che mi si allunghino i capelli per ritagliarli. Magari nel frattempo il Palermo vince pure fuori casa.
Ancora mean time, ho rifatto il giro percorso in precedenza e non ho trovato traccia alcuna di ciò che cercavo.
Ok, testone si ma illuso no. Ho compreso il messaggio, ho realizzato quello che c'era da capire. Per carità, non mi aspettavo niente di eclatante, ma almeno un piccolo segno, magari criptato e di circostanza, come risposta ai miei fievoli tentativi. Forse quello strano sono io, troppe pretese. Oppure ciò che è chiaro a tutti non lo è per me.
Come fu per il tenente Drogo, ho sperato che qualche presenza si manifestasse, ho atteso un qualsiasi segnale che alla fine
non è arrivato. Eppure, come lui, pensavo che questa fortezza fosse ancora necessaria, come lui sono rimasto per dimostrare il mio valore, come lui infine me ne sono andato perchè costretto e, per ultimo, come lui sarò convinto delle mie scelte fino alla fine. Ho sempre pensato che il rimorso possa essere un dolore più sopportabile del rimpianto, ne sono certo, ma...
Ma come al solito, nei fatti della vita, il più delle volte non dipende da te!
Pace, bene e facciamocene una ragione.
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