
Se un'astronave nello spazio potesse avvicinarsi ad un buco nero oserebbe fino ad un certo punto, il cosiddetto "orizzonte degli eventi", il punto di non ritorno, il confine oltre il quale le inimmaginabili forze gravitazionali la risucchierebbero per sempre, non riuscirebbe più scappare via, non esisterebbe motore in grado di farla fuggire e verrebbe distrutta implodendo.
Non ci sarebbe ragione per cui l'astronave debba continuare il suo viaggio in direzione del buco nero, tranne il motivo stesso del viaggio, la fame di curiosità e di conoscenza e dall'orizzonte degli eventi sarebbe molto limitato potere osservare, capire.
Se l'astronave trovasse il coraggio di proseguire andando incontro al suo destino e scoprisse che all'interno del buco nero non c'è quello che si attendeva, un attimo di luce intensa e poi l'eternità del buio totale, e trovasse invece inaspettatamente delle risposte a tante domande, altre forme di vita, universi paralleli, meraviglie spazio temporali? Ecco cosa la spinge, questo sarebbe il motivo per correre il rischio, la percentuale bassissima e infinitesima che forse non è tutto come sappiamo, come immaginiamo, come crediamo, che bisogna avere l'audacia di toccare con mano per capire.
Questa è la principale metafora della vita, il viaggio, inteso non in senso reale di spostamento ma in senso figurato di ricerca della felicità, che contiene in se il dolore del distacco, della perdita e del rischio. Tutti questi pericoli sono legati indissolubilmente al superamento dell'orizzonte degli eventi: vale la pena superare questo limite per molti invalicabile e probabilmente distruttivo sapendo che la ricompensa potrebbe essere nient'altro che un attimo di luce intensa e l'eternità del buio totale?
Vale la pena continuare a non partire, a galleggiare, a sopravvivere scrutando da lontano, in attesa che qualcuno superi per noi il punto di non ritorno e sorridente torni a raccontarcelo?
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