giovedì 27 gennaio 2011

Capitolo sei


Paul sfrecciava sul lungomare deserto a bordo della nuova moto blu, era ancora sporco di vomito. La brezza fresca della sera proveniente dall'oceano, contrastando la calura estiva, regalava momenti di puro godimento e soprattutto contribuiva a diluire la puzza dei suoi vestiti imbrattati, dei quali non si curava affatto.
Si sentiva leggero scarico e impalpabile, sorrideva continuamente ma senza eccedere, solo un accenno ai bordi delle sue labbra che tendevano verso l'alto. Spingeva la moto dando gas, con i capelli al vento alzava la testa per offrire la massima superficie al fresco e giocare con la resistenza dell'aria.
Nonostante avesse l'attenuante dell'atrocità subita anni prima, accadimento che sicuramente aveva segnato e danneggiato permanentemente la sua esistenza e soprattutto la sua testa, non riusciva a comprendere come un gesto così insano potesse produrre in lui questa valanga inarrestabile di ebbrezza e felicità. Non avrebbe dovuto e potuto gioire della consapevolezza ritrovata, invece lo faceva, tutto ciò gli garbava e non poco, ma molto, parecchio, forse troppo.
Era come se si fosse liberato della zavorra che aveva trascinato con sè per tutta la sua esistenza. Per anni aveva allenato e abituato i muscoli a contrastare questo peso e adesso, finalmente più leggero, si sentiva un leone invincibile, imbattibile, inarrestabile, irrefrenabile, soprattutto ineliminabile, insopprimibile, in una parola: immortale.
Dava gas ed alzava la testa, aumentava il gas e spingeva la testa ancora più in alto:"Boom, badabum...".
Aprì gli occhi domandandosi perchè era disteso a terra, con la moto qualche metro più in la che cigolava e si lamentava attraverso la ruota anteriore storta che, girando vorticosamente produceva un miagolio ritmato, come di un'altalena con bimbo allegato.
Poi, con la coda dell'occhio, intravide quella donna riccia e bionda che si avvicinava, passo veloce e ondeggiamento da tacco 12, vestitino elegante e borsetta all'avambraccio con il logo più grande del manico, occhiali da sole esagerati e naturalmente brandizzati che, arrivata accanto a lui, si sfilò con un gesto nervoso cominciando a gesticolare e gridare: "Sei un pazzo incosciente, un folle, un poveraccio, uno sfigato, un bastardo! Ma come guidi? Mi hai distrutto la fiancata della mia Mercedes, stronzo!!".
Paul non ci pensò due volte, aveva già in testa la risposta: "Tu, giovane donna viziata e imborghesita dal troppo denaro guadagnato da altri e speso da te non si capisce a che titolo se non quello del do ut des, mi vedi a terra e ti preoccupi per la tua cazzo di Mercedes? Aspetta che mi alzo, apro il cofano della tua cazzo di Mercedes, prendo il cric della tua cazzo di Mercedes e ti acconcio l'altra fiancata così non potranno notare differenze, Puttana!".
Fece per alzarsi aiutandosi con le braccia, ci riuscì ma un intenso dolore, uno spasmo terribile, prima una fitta poi un dolore costante, partì dalla sua gamba per arrivare repentinamente al cervello. Ebbe solo il tempo di alzare il dito indice della mano sinistra indicando la ragazza e dire:"Tu...".
Poi, per preservare la sua mente dall'immane tormento, gli occhi di Paul si chiusero e svenne.

2 commenti:

Non Sono Io ha detto...

Mi pare di capire che proponi i capitoli di un libro, da te scritto. no? Complimenti!

amanda ha detto...

allora, neanche noemi sarebbe scesa dalla mercedes imbracciando la borsetta dopo aver sbattuto contro un uomo che poi le vola sul cofano, anche quella semisintetiche restano esseri di genere femminile e quindi anche se un secondo dopo si preoccupano della mercedes un secondo prima sono terrorizzate e non recuperano la borsa ultra firmata solo per far capire che prototipo di femmina sono.
E poi sto povero sfigato di Paul passa da una disgrazia all'altra senza soluzione di continuità, diamogli una tregua